San Siro: le ragioni di un conflitto

Su questo tema siamo intervenuti anche in occasione di uno speciale di Radio Onda d’Urto che puoi riascoltare a questo indirizzo.

Un nuovo stadio da 60.000 posti (occupando un’area di 128.000 mq) da costruirsi adiacente all’attuale San Siro laddove oggi ci sono i parcheggi. 140.000 mq di aree (quella della Stadio attuale e relative pertinenze) da edificarsi a centro commerciale, uffici, strutture ricettive e alberghiere, con un indice di edificabilità di 0,7 mc/mq. Questa la proposta progettuale a due fasi (prima lo stadio, poi il resto previo abbattimento di San Siro) fatta da Inter e Milan al Comune dì Milano nei giorni scorsi. Obiettivo dichiarato: avere una cittadella ludico-commerciale in grado di attrarre consumatori e turisti e generare business e profitti per le due squadre meneghine 365 giorni all’anno, così da colmare il gap economico e la “potenza finanziaria” con i maggiori club europei. Questi sono i dettami del calcio moderno, sempre meno sport da vivere e praticare e sempre più business da far fruttare in maniera lecita (merchandising, stadi di proprietà, attività commerciali, diritti televisivi) o illecita con la gestione mafiosa e criminale, a braccetto con i gruppi neofascisti, delle curve e dei gruppi ultrà e relativi biglietti e materiali fino alla gestione dello spaccio dentro lo stadio.

Tornando alla proposta, l’investimento sarebbe di 1,2 mld a fronte di una concessione dell’area e relativi diritti di superficie per 99 anni alle due società calcistiche, che si dichiarano pronte per realizzare il tutto, o almeno la prima fase del progetto, entro il 2023, con bando pubblico per l’assegnazione del progetto esecutivo e con avvio dei lavori entro il 2020. Quello che Milan e Inter puntano a realizzare è un nuovo polo della movida e dei flussi turistici in città, modello dichiarato a cui si ispirano: Porta Nuova…purtroppo aggiungiamo noi. Dal Comune prendono tempo in attesa di maggiori dettagli e avanzando riserve su gli indici volumetrici, doppi rispetto a quanto previsto dal pur generoso PGT (ma tra interessi immobiliari e principi del PGT l’accordo si trova sempre…..) e ribadendo che San Siro servirà per la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi 2026 così come garantito al CIO (ma anche qui un accordo lo trovano di sicuro). A corollario del tutto la demolizione del sottopasso di Via Patroclo (realizzato come il 3 anello di San Siro per i Mondiali 90) e la necessità di realizzare nuovi percorsi viabilistici nuovi e sostitutivi, oltre ai costi pone da subito grossi problemi, in una zona già soggetta a forti pressioni quotidiane di traffico veicolare di entrate in città e di attraversamento lungo la direttrice nord-sud.


Al di là delle, giuste, nostalgie e rimostranze che da più parti giungono a difesa dello stadio più bello e famoso del mondo (nonché patrimonio architettonico tutelato) e delle preoccupazioni, anche ambientali, per potenziali 5 anni di pesante cantierizzazione della zona, l’operazione sancisce il trionfo anche a Milano delle logiche del calcio business dove i bilanci contano più dello sport e della memoria storica, figuriamoci delle passioni delle tifoserie, più o meno ultrà. È un ulteriore pezzo di città pubblica che sparisce per dare spazio ai profitti privati, dove al consueto mix uffici, alberghi, aree commerciali, residenze (non ci sono nel progetto del nuovo stadio, ma Hines è pronta a realizzarle sull’adiacente area dell’ex Trotto) si aggiunge lo stadio privatizzato. E poi, quale destino avranno importanti aree circostanti, già oggetto di processi di trasformazione o a rischio attenzione da parte degli appetiti speculativi (scuderie De Montel ed ex Trotto, piste di allenamento di Trenno, l’area ospedale San Carlo e Piazza d’Armi), una volta che i processi gentrificativi, scatenati dalla “cittadella” ludico-commerciale, prenderanno avvio nei quartieri limitrofi? Se il modello è Porta Nuova, abbiamo già visto all’Isola impatto e conseguenze che operazioni immobiliari così importanti hanno sul tessuto sociale, sul mercato immobiliare e le trasformazioni che inducono sul tipo di quartiere e sul livello socio-economico dei suoi abitanti. Siamo certi che dalle parti del Farwest Ribelle non saranno certo contenti e silenti di fronte al rischio che ampie fette della periferia ovest vengano trascinate in un vortice di cemento, rendite immobiliari e turistificazione dall’effetto del nuovo Stadio.