Questa bici non é una bici: pretendi la piena e gratuità mobilità!

Ovvero: come la storia del fallimento di ofo (servizio di bike sharing privato) ci offre l’occasione di chiarire la differenza che esiste tra sharing e condivisione, tra profilazione sociale e mobilità dolce, tra greenwashing e pianificazione sostenibile.

Settembre 2017
Ofo lancia il suo servizio di bikesharing a flusso libero a Milano. 4000 biciclette che invadono la città per “migliorare” la mobilità urbana. 60 centesimi di euro ogni 20 minuti —7 € in più se sei sfigato e vivi in periferia — e un po’ dei tuoi dati.

Il servizio dell’azienda cinese, insieme ad altri servizi di sharing, per il Sindaco Beppe Sala “rappresentano un’ottima risorsa per Milano per rispondere in modo concreto ai problemi del traffico e dell’inquinamento…la strada intrapresa è quella giusta”

La strategia è chiara. Il comune di Milano punta a delegare a Ofo, e a tanti altri operatori privati, la questione della mobilità sostenibile e condivisa. “Sharing is freedom“, “Share more, consume less” sono alcuni dei motti usati da Ofo e dai sostenitori di questo modello.

Marzo 2019
Il Comune di Milano revoca la licenza a Ofo che ha gravi problemi economici in tutto il mondo. Dopo soli 18 mesi le 4,000 biciclette gialle rimangono inutilizzate nelle strade.
Il destino è segnato: la discarica, come in queste foto impressionanti che arrivano dalla Cina. Un progetto nato sotto il segno della mobilità sostenibile, diventa il simbolo dello sovrapproduzione di massa e della obsolescenza programmata. La bicicletta, da mezzo economico e duraturo, diventa un oggetto usa e getta.

Maggio 2019
Parte la campagna “Recycle this bike” da parte di OffTopic per recuperare le biciclette abbandonate per ridargli vita e, al tempo stesso, denunciare le magre politiche sulla mobilità a due ruote milanesi. Il 24 Maggio in occasione del secondo sciopero globale per il clima uno spezzone di ofo recuperate e liberate prende parte al corteo.

Febbraio 2020
Delle 4000 biciclette iniziali ne vengono recuperate 250 dal Comune di Milano e nuovamente abbandonate alla loro triste sorte della discarica mentre altri più virtuose iniziative istituzionali d’oltre oceano hanno almeno pensato di donarle a chi ne aveva bisogno. Nonostante tutto alcune continuano a girare libere e rigenerate 😉

…o ad essere utilizzate per nobili cause.

Biciclette ofo usate per le barricate durante degli scontri ad Hong Kong

Nel mentre, il tribunale di Tianjin ha sentenziato che ofo è incapace di coprire i suoi debiti con i fornitori e i suoi utenti. Per provare almeno a rifondare del credito residuo dei suoi utenti, l’applicazione di ofo si è trasformata (almeno in Cina per ora) in un’app per lo shopping online dove il credito si è trasformato in un voucher spendibile online. Ricordiamo che ofo era finanziata da Alibaba, principale sito di e-commerce cinese.

Al posto di ofo a Milano è arrivata la società Helbiz che introdurrà 2500 biciclette elettriche a pedalata assistita. Ancora una volta l’elettrico viene sbandierato come sinonimo di energia pulita confondendo il vettore (l’elettrico) con una sorgente (sole, vento, etc). Come se non bastasse il nome scelto per il modello di bicicletta è “Greta”…quale scelta di marketing migliore di sfruttare il nome dell’attivista climatica più in voga del momento? Tutto ciò accade mentre le nuove biciclette elettriche del BikeMi vengono ritirate per non specificati problemi nel giro di pochi giorni.

Proviamo quindi ad analizzare il modello di mobilità di ofo partendo proprio dalla bicicletta gialla.

La centralina: alimentata rigorosamente con batterie non ricaricabili, attraverso una sim Vodafone comunica i nostri spostamenti e li incrocia con i dati trasmessi durante la registrazione. Da diverse inchieste è emerso che una quota dei ricavi ipotizzati dipende infatti dalla “vendita di dati”: la cessione, a fini commerciali, di informazioni sulle abitudini dei clienti, ricavate con i meccanismi di profilazione e geolocalizzazione che scattano con l’iscrizione al servizio

Viti/ruote/sella: invece di utilizzare pezzi standard, una Ofo é un sistema chiuso di pezzi fuori formato, difficilmente sostituibili con ricambi standard.

Telaio: la possibilità limitata di adattare la bicicletta alla propria statura, e il peso del telaio, rende la bicicletta scomoda da usare per lunghi tratti, buona solo per le uscite domenicali al parco. Un gadget e non una soluzione alla mobilità urbana.

Questa breve storia triste di capitalismo verde ci offre lo spunto per ribadire alcuni concetti.

Sharing vs Condivisione

Il modello di sharing di Ofo & co. non è vera condivisione. La condivisione è gratuita. Lo sharing intenso in questo modo non è nient’altro che noleggio. Pretendiamo una vera condivisione, pubblica, dal basso e basato sulla convivialità.

Profilazione sociale vs mobilità dolce

I dati raccolti da Ofo e dagli altri operatori vengono usati per profilare e geolocalizzare le nostre abitudini, le nostre preferenze. Il fine è quello di creare modelli da utilizzare per fini commerciali da altre aziende che stanno sempre più modellando lo spazio urbano, sempre più esclusivo ed escludente. Noi vogliamo che la bicicletta ritorni ad essere un simbolo di libertà e di mobilità sostenibile, non un dispositivo progettato per estrarre dati.

Greenwashing vs pianificazione sostenibile

La crisi della mobilità urbana deve essere risolta tramite una pianificazione pubblica, a lungo termine, diffusa e accessibile, potenzialmente gratuita, per tutti. Lasciare riversare in strada migliaia di biciclette, monopattini, scooter, automobili, il prossimo mezzo fighetto che andrà di moda di aziende private, non è una soluzione sostenibile e duratura. La mobilità e la questione ambientale sono da affrontare a livello sistematico, non sono problemi da delegare alla prossima start-up che porrà sempre gli interessi privati di fronte a quelli della comunità.

La bici simboleggia con limpidezza l’urgenza di un cambio di paradigma e la possibilità di configurare oggi un’altra città, un altro modello industriale, un’altra idea di mobilità, economia e relazioni.

Il Comune di Milano dovrebbe avere più coraggio nell’evolvere l’attuale servizio pubblico BikeMi (ed infrastrutture connesse come le piste ciclabili) ed evitare di delegare ad un lungo elenco di multinazionali della sharing economy in salsa green. Come Airbnb non può sostituire l’edilizia pubblica o la mancata assegnazione di case (tenute) vuote, così bici, auto, motorini, monopattini delle grandi corporation, elettrici o sostenibili (?) quanto volete, non garantiscono a migliaia di persone di potersi muovere liberamente per tutto il territorio.


Alcuni progetti dal basso  interessanti:

  • LibreBike: iniziativa simile a Recycle this bike in Germania  – link 
  • o(pen)Bike: app per sbloccare le oBike altra società che è fallita come ofo – link
  • Bikesharemuseum: istruzioni su come riparare una ofo – link
  • Openbike: progetto libero e open source per crearsi il proprio servizio autogestito di bike sharing – link

Audio intervento su Varia Umanità del 26-01-2020