Expo: un’ipotesi fuori dal coro sulle dimissioni di Pisapia

Il sindaco organgista di Milano scalpita da giorni: prima si dimette da commissario straordinario di Expo, quindi rifiuta si tornare sui propri passi nonostante le aprture del gran visir Mario Monti…Perchè?
Ufficialmente la mossa di Pisapia è motivata dalla scarsa attenzione dedicata all’evento da parte del governo, e, a cascata, dai media e dagli altri partner istituzionali (si pensi ai reiterati tentativi di fuga della Provincia). Proviamo però ad aprire l’ottica dal “primo piano” (quello d’elezione della stampa cronachistica, che concentra l’attenzione sul fatto singolo) ad un “campo largo” sulle vicende della ultime settimane: la dia e la procura di Milano indagano su tutte le società coinvolte nei subappalti dell’unico cantiere aperto (appaltante CMC), la giunta regionale è allo sbando sotto i colpi di elezioni amministrative, scandali e magistratura, a mille giorni dall’evento il Comune di Milano non sa dove reperire le risorse economiche per fare fronte ai costi di un’esposizione uiversale senza pagare lo scotto di ulteriori tagli al sociale.
E’ tratteggiando questa disarmanete cornice sulla governance di Expo che possiamo ipotizzare che le dimissioni di Pisapia, tattica del polverone mediatico, abbiano invece un obiettivo molto preciso e prioritario: ottenere dal governo l’agognata deroga al patto di stabilità. In sottotraccia al carteggio tra stato ed enti locali di questa settimana infatti, c’è il riufiuto di Monti a concedere uno sconto annuale fino alla data dell’evento di 130mln di euro motivato proprio con l’operazione Expo. Così se da una parte Diana Bracco applaude alle aperture del governo sull’istituzione di un tavolo nazionale di coordinamento con i ministri competenti, l’audace Giuliano non torna sui suoi passi e conferma le dimissioni: il governo non gli ha dato la risposta che cercava, la linea è “insistere”.

Formigoni da parte sua non sta a guardare: prima fiancheggia Pisapia, poi lo attacca perchè nel panorama presentato la sua posizione (sua la carica di commissario generale dell’evento) non è delle più stabili e le candidature alternative a Piaspia non sono di certo neutre nella geometria della gestione del fenomeno. Tra l’una e l’altra preoccupazione trova però il tempo di presentare il suo nuovo libro in formato ebook in cui, tra le altre panzane, attacca un atteggiamento permissivo del governo nei confronti dell’oltranzismo CGIL. A sinistra in regione s’insiste, come un disco rotto, ad acclamare dimissioni che si fanno attendere da lustri.

A cavallo dell’incontro di aggiornamento con il BIE, l’ufficio internazionale che presiede le esposizioni, tutti fanno buon viso a cattivo gioco: ci si scambia sorrisi e ci si complimenta a vicenda per le adesioni record a questa spedizione senza più comandante. I nomi dell’AD Sala e della Marcegaglia cominciano a correre di bocca in bocca, forse proprio per mettere all’angolo capitan-Pisapia e ricondurlo in acque placide.

Expo 2015 è uno scacchiere. Dietro la nebulosa delle dichiarazioni, delle smentite, degli scambi di ruoli, si gioca la partita sul ridisegno della città, dei suoi rapporti internazionali e delle nuove forme di governo del territorio. Non è più possibile procrastinare una presa di parola lucida e assolutamente radicale su una partita tanto rilevante per il presente e il futuro dei nostri spazi di vita sociale sul territorio metropolitano.

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