Storie di ordinaria legalità in Giambellino.. RiMake?

Cosa unisce lo sgombero dell’esperienza di Ri-Make dal ex-cinema Maestoso avvenuta appena ieri e il Giambellino-Lorenteggo (ma come questo molti altri dei “nostri” quartieri popolari)?

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Qualche delucidazione ce la può fornire l’episodio di quest’oggi quando la vicesindaca Ada Lucia De Cesaris ha risposto in questo modo al gruppetto di auto-invitati: ‘stiamo lavorando per una moratoria sugli sfratti, ma ognuno fa il suo mestiere e io non posso non rispettare le regole’. In che senso è chiarificatrice? Dove sta il nesso di senso? Innanzitutto l’episodio ci insegna che, in alcuni casi, o meglio, in questi casi, per essere ricevuti in Comune non basta aspettare una convocazione, ma bisogna bussare, con un po’ di prepotenza al bel cancello di Piazza Scala.

Poi, cosa più importante, in comune hanno un’idea molto particolare del fare politica: far rispettare e rispettare le regole in attesa della soluzione definitiva. Ai cittadini, agli abitanti, a chi non trova una casa, a chi vuole far rinascere dei quartieri a partire da pratiche culturali e sociali non resta che aspettare e rispettare a sua volte le regole nella certezza che quella soluzione arriverà. Un’interpretazione, questa, che, forse, gioca un po’ al ribasso sul significato di fare politica, un ritorno al motto Albertiniano del buon amministratore di condominio forse?

Moto probabilmente qualcosa di diverso ancora. Le “regole” sono diventate il mantra dell’amministrazione, lo scudo che impedisci qualsiasi decisione politica. Scherzando, guardando i video di oggi, sembra che abbiano interpretato questo compito alla lettera col buon Limonta che arringa la polizia locale… Lasciandosi alle spalle le battute, mentre il comune si nasconde dietro barricate fatte di “briglie legali”, in Giambellino vediamo sgomberi quasi ogni giorno, cortile dopo cortile. Interi appartamenti ridestinati al degrado e all’abbandono grazie al solerte intervento di Aler e questura. Un silenzioso e ordinato pogrom che colpisce innanzitutto le famiglie romene, rom e presunte tali. E forse è quell’ordine e quella precisione chirurgica che deve fare più paura, soprattutto se giustificata e tacitamente spalleggiata dalle nostre belle regole, evidentemente naturali e immutabili.

E’ così che un questurino quest’oggi si può permettere di giustificare lo sgombero di tre famiglie per un totale di 13 minorenni richiamando le numerose lamentele del vicinato. “Anche la gente si lamentava di loro”. E allora comincia la solita routine: sgomberi, famiglie smembrate perché i tendoni dell’accoglienza accolgono, appunto, solo donne e bambini, alloggi nuovamente vuoti. E mentre comune, questura e forse anche qualche abitante tirano un bel sospiro di sollievo perchè finalmente in cortile è stato onorato il patto con la giustizia, il quartiere continua a perdere pezzi, di intonaco e di legami, di socialità e calcestruzzo.

Legalità, Regole e Lettere però funzionano ad intermittenza e mai nel verso che ci si aspetterebbe. Le case si svuotano e si sgretolano sotto il pacato sguardo dell’Aler, le nostre lettere, le nostre firme, si accumulano nelle caselle, le promesse di riqualificazione si perdono nell’afa estiva. Il comune, dal canto suo, si attiene al regolamento, il proprio, quello arancione, che recita: la regola è la regola. E così, tristemente, ancora una volta il problema della casa, della gestione, dello stato del patrimonio pubblico diventa una questione di ordine pubblico. Ri-Make?

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