Piccole Scale ed incentivi ad imbuto

L’eccellenza nell’era della città vetrina vol.3

L’eccellenza a teatro, a Milano, significa Scala per il teatro d’opera e Piccolo per la prosa. Eccellenza in che termini? In primis in termini di budget. Sono inoltre i teatri più noti. Hanno la storia più importante in città e fra le più importanti a livello nazionale ed oltre. Hanno una programmazione ed un percorso formativo ben promossi. Sono infine i destinatari della maggior parte dei fondi pubblici offerti al settore. Sono in sintesi la vetrina del teatro a Milano. Di sicuro non sono il teatro a Milano, realtà fortunatamente più complessa e ramificata che però come altri settori inseriti nelle economie più legate alla cultura sta esageratamente subendo il periodo di crisi generale.

La relazione crisi economica/crisi del settore spettacolo non è un dogma inviolabile, tant’è che gli anni 20/30 americani hanno al contrario significato l’esplosione di quel settore grazie anche al maggiore tempo libero creato dalla disoccupazione. Nel contesto attuale invece musica, cinema e teatro (per citare i tre corsi del DAMS senza offendere nessuno) stanno fortemente subendo il momento ognuno per motivi differenti ma tutti alle prese con problemi di mancanza fondi e spettatori in calo.
Sia Escobar (direttore del Piccolo e membro del comitato organizzativo curante gli aspetti culturali di Expo 2015) sia Lissner (nel volume 1 di questa rubrica ne abbiamo parlato più da vicino) minacciano scelte clamorose per cercare di invertire la tendenza. Alle richieste dei due teatri le istituzioni mai sono state insensibili anche e soprattutto per via dei rapporti di forza maturati dai due enti divenuti appunto, come si diceva nelle righe precedenti, la vetrina e di conseguenza l’immagine della città per quanto riguarda il teatro e la cultura in generale. Utilizzando questo rapporto di forza i fondi ogni anni si trovano, non forse per fare grandi piani ma di sicuro per sopravvivere degnamente. Cercando di presentare una programmazione in grado di vendere più che di stimolare il dibattito culturale, ma tant’è (è il mercato bellezza).
La legge di stabilità non colpisce quindi la Scala, per la quale si parla di decreto salva-Scala. Lambisce solo il Piccolo. Colpisce invece il resto del movimento teatrale milanese (12,3 milioni di euro di fondi pubblici, 6 dei quali destinati alla Scala e 4,1 al Piccolo, per il triennio 2013-2015), da anni afflitto da problemi economici e considerato da tempo semplicemente un orpello da una direzione culturale metropolitana che cerca di salvare la vetrina anche a scapito del contenuto dell’intero negozio, col risultato di rischiare di appiattire l’intero negozio e farlo diventare semplicemente una vetrina.
Nelle discipline artistiche le forme cristallizzate fisiologicamente saturano le attese del pubblico e divenute scontate iniziano a stagnare e di conseguenza a puzzare. In particolare nel teatro la rigenerazione dei modelli espressivi è sempre stata indotta da un’importante dialettica fra scena ufficiale (Broadway, Berlino ecc. ecc.) e scena “alternativa” (off Broadway, Monaco ecc. ecc.). Questa stratificazione di scene è osservabile a livello nazionale ed anche ovviamente a livello di singola città, è il normale rapporto centro/periferia con la periferia che va ad un certo punto ad imporsi ed a divenire centro. E’ sempre stata la lungimiranza di chi ha gestito il tutto a rendere vitale la scena. Oggi, nella città più europea d’Italia, che succede a teatro? Succede che se non ti chiami Piccolo o Scala non hai una porta sempre aperta con le istituzioni, che per sopravvivere occorre accettare programmazioni anche eccessivamente commerciali
o che si permette di far entrare ingombranti privati nella vita del teatro (Barclays Teatro Nazionale è il caso più eclatante) con buona pace per lo spazio alla sperimentazione ed alla rigenerazione delle forme e dei contenuti culturali. Se per gli aspetti puramente teatrali esistono blog molto più inseriti nella materia, interessante per noi è valutare la metamorfosi dello spazio pubblico teatrale nel suo esempio più eclatante: il Teatro Smeraldo, che diverrà a breve un supermercato, Eataly, sempre che la burocrazia non freni l’impeto di Farinetti. Anzi, non è un problema di burocrazia, Oscar ha ritrattato: anche i luoghi comuni pongono dei limiti, abusarne può alle volte nuocere….
Di Eataly e del brand Italia parleremo però nella prossima puntata: Spaghetti e pulcinella. Sottotitolo: risotto e meneghino

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