Milano è da sempre l’oggetto preferito delle ambizioni immobiliari italiane. Non importa quale sia la giunta, non conta il sindaco, a prescindere dal governo. L’importante è costruire. O meglio, l’importante è attivare quel processo, quella filiera, direbbero alcuni, che prima demolisce e poi (forse) bonifica; quindi scava e movimenta terra, per poi iniziare a costruire, recintare e alla fine, ma non sempre, tentare di vendere.

Milano misura il suo cambiamento lungo la linea del suo skyline. Chi ha il grattacielo più alto? I vuoti devono essere riempiti, le piazze devono essere arredate, la circolazione fluidificata. Una composizione sociale inadeguata al gioco del rinnovamento urbano, alla nuova città smart, non è accettabile.

La creazione di simboli, di brand business-oriented, ha soppiantato la città della vita quotidiana, a misura di uomo e di donna, di bambino e di anziano. La smart city non ha tempo da perdere e non investe sui soggetti deboli. La metropoli esclusiva è una città escludente: con la faccia pulita e l’aspetto pettinato punta ad espellere chi non sta al suo passo, pronta a nascondere sotto al tappeto ogni forma di diversità o di dissenso.

scalo romana

Scalo Romana - 2014 / Scalo Romana (dettaglio) - 2014

Nonostante tutto questo, nobili e fantastici pezzi di città resistono. Resistono grandi e piccole aree, dimenticate e non ancora consumate, deserte e inaccessibili, a volte in centro e altre volte nelle tanto citate periferie. Resistono gli edifici. Alcuni vuoti da anni e abbandonati, un po’ malconci, scalcagnati, ma non di rado completamente inseriti in quartieri vivi, intelligenti, attivi. Resistono intere zone capaci di sostenere relazioni profonde e non basate sullo sfruttamento, dove la costruzione e la gestione di spazi condivisi si fonda sulla partecipazione e sulla parità tra i soggetti, e dove socialità e politica si sovrappongono e si confondono con le vite private.

Questa città che non si uniforma, che non si esalta con l’ottimismo monocolore di Expo, che non accetta il ricatto della vita in vetrina, è la città che vogliamo indagare. Vogliamo cercare di capire com’è fatta questa città “minore”, che aspetta un recupero ma non desidera l’arrivo delle ruspe. Vogliamo indagare i territori in cui sono inserite le aree dismesse, gli spazi abbandonati, gli edifici in disuso, per capire quali sono le realtà in moto, le ricchezze già presenti, le storie dimenticate, i sogni che ostinatamente sopravvivono, ad oggi.

Cerchiamo di imparare la storia che le ha portate ad essere quello che sono, studiamo la composizione e la distribuzione dei soggetti che sono attivi nei dintorni, cerchiamo di capire se per quei luoghi sia possibile prefigurarci un futuro diverso dal multisala con 14 sale, dalla torre alta 100 metri adibita ad uffici, dalla piazza pavimentata dove i bambini non possono più giocare.

Cosa si nasconde dietro alla persona dell’immobiliarista amico, di chi realizza un po’ di edilizia privata, un po’ di housing e l’area cani a corredo, che fa tanto città in ordine?

Immaginiamo una città diversa. Vorremmo condividere, con chi vuole, lo strumento dell’inchiesta, perché niente è diffuso quanto i saperi, nulla è forte e bello come lottare insieme ad altri, e non c’è nulla di più divertente del raccontarsi storie e immaginare insieme ad altri il mondo che vorremmo.

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