Case, tende e fondi speculativi

Lo abbiamo già accennato e lo ribadiamo: l’improvvisa attenzione di media e Istituzioni per la questione affitti è probabilmente dovuta alla crisi (irreversibile? Ce lo auguriamo) che sta attraversando il tradizionale mercato dei mutui e quindi una politica abitativa fondata sulla casa di proprietà e sulla mano invisibile del mercato. Se a livello europeo in Italia il potere d’acquisto è crollato molto più che altrove dal 1990 a oggi, mentre il prezzo dei mutui è aumentato nell’ultimo anno del 25/30% significa che la proprietà è di fatto inaccessibile, mentre la dinamica degli affitti – sia di mercato che nel patrimonio ERP – gioca al rialzo, seguendo e alimentando le dinamiche imposte dai grandi player immobiliari della turistificazione e finanziarizzazione delle città.

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Diritto alla casa: attenzione alle sirene della – tiepida – regolamentazione dall’alto

Viviamo uno strano periodo. Il governo Meloni dimostra con arroganza tutto il suo carattere di neoliberismo autoritario a tutela solo degli interessi proprietari e benestanti, mentre in quel vasto e sempre più compresso spazio politico di centro(-sinistra), che lambisce ormai settori potenzialmente “progressisti” della società civile e dell’opinione pubblica, ci si pone per la prima volta la questione di una potenziale regolamentazione della ormai sempre più calda questione abitativa. Possiamo ipotizzare che questa improvvisa attenzione, dopo anni di smantellamento del diritto all’abitare sostenuto anche dalle coalizioni nazionali e dalle amministrazione a guida PD, non sia causata da una nuova sensibilità politica alla questione sociale da parte di personaggi come Nardella o Maran – né tantomeno da quell’ ”effetto Schlein” che a noi, dal nostro osservatorio milanese, ricorda invece qualcosa di già visto ma proiettato a livello nazionale, la fu “rivoluzione arancione” di Giuliano Pisapia che come ben sappiamo consolidò processi di esclusione sociale e speculazione dietro una macchina del consenso dalla retorica progressista.

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Stadio alla Maura: non è solo una questione urbanistica

Due fatti nuovi in pochi giorni hanno riportato al centro del dibattito cittadino la questione del nuovo stadio e dei destini del Meazza a San Siro. La scorsa settimana la proprietà del Milan, negli incontri avuti con il Sindaco Sala e il Presidente della Lombardia Fontana, ha ufficialmente confermato la volontà di procedere in solitudine e di voler costruire il nuovo stadio, annessi e connessi, al posto dell’ippodromo della Maura, adiacente al Parco di Trenno, abbandonando l’ipotesi di costruire il nuovo stadio sul Piazzale dello Sport, da realizzare insieme all’Inter. Cardinale, finanziere americano proprietario della squadra, ha dichiarato che in poche settimane arriverà anche il progetto, spalleggiato dal presidente Scaroni che ha di nuovo posto il ricatto: o nuovo stadio alla Maura o ce ne andiamo da Milano. Il progetto oltre allo stadio, che dovrebbe essere delle dimensioni dell’attuale Meazza, prevederebbe anche volumetrie per uffici (la sede del Milan) e spazi ricettivi e commerciali. Su questo scenario è calata di colpo la sentenza del Tribunale Civile di Milano che ha accolto il ricorso del Comitato Promotore del Referendum contro l’abbattimento del Meazza e il progetto di Milan e Inter di nuovo stadio, bocciando il pronunciamento del Comitato dei Garanti del Comune di Milano che aveva dichiarato inammissibile il pronunciamento della cittadinanza sulla questione stadio.

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Forum dell’Abitare: appunti sul nuovo corso Sala-Maran e la lotta necessaria

Era probabilmente solo questione di tempo prima che anche i più pasdaran tra i promotori del “modello Milano” iniziassero a considerare e trattare la questione abitativa, anche solo riferita al mero mercato immobiliare, come principale cartina di tornasole del loro sistema di città.

Dopo mesi in cui il carovita milanese è balzato agli onori della cronaca tanto da diventare tema a uso e consumo di personaggi pubblici variamente influencer, il Comune di Milano ha fatto la sua mossa convocando a Base il Forum sull’Abitare: momento di discussione di per sé nemmeno troppo interessante di cui però (a caldo) vale la pena parlare, partendo col sottolineare come il caro affitti e più in generale la questione casa sia stata trattata sottraendola dal rapporto col modello di sviluppo impostosi da almeno 20 anni in città rispetto a cui, tra un grattacielo e l’altro, la disuguaglianza sociale si è ampliata e per molti abitare la città è risultato insostenibile. 

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