Nonostante Expo, la realtà | documento di fine Esposizione

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Riavvolgiamo per un attimo il nastro e fissiamolo a una immagine e una data: Palais de Congrès, Parigi, 31 marzo 2008. Sul palco le facce sorridenti di Romano Prodi, Letizia Moratti, Massimo D’Alema e Roberto Formigoni. Ecco la rappresentazione del sistema Paese che riporta a Milano, cento anni dopo, l’Esposizione Universale. Centro destra e centro sinistra insieme, le larghe intese non sono un esercizio retorico o intellettuale, ma il modo di governare comprando il consenso e anestetizzando il conflitto.

Negli anni le figure politiche ed economiche sono in parte cambiate, i quattro di Parigi sono stati spazzati via dai competitor interni ai loro partiti. I mondi che rappresentavano sono invece rimasti al loro posto. Expo 2015 è stata per loro “l’occasione che capita una volta ogni cento anni”. Per fare cosa? Business, certo. Ma soprattutto sperimentare il governo di domani. Portiamo il nastro un po’ più avanti, fermo immagine numero 2: Roma, 6 maggio 2013, l’amministratore delegato di Expo Spa Giuseppe Sala viene nominato dal governo Letta Commissario Unico di Expo. L’emergenza creata ad arte con i ritardi degli anni precedenti apre la strada alla gestione commissariale. L’eccezione diventa regola, la deroga diventa norma.

In nome di Expo si sdogana di tutto, dal lavoro gratuito al cemento autostradale, dalle deroghe al codice degli appalti alla convivenza con la corruzione, dall’uso dei poteri commissariali alla legalizzazione delle marchette stampa. Fino alla più grande schedatura di massa di lavoratori mai vista, centinaia di loro tenuti fuori da Expo sulla base di controlli di polizia chiesti dal Governo. A Expo si può fare, perché a Expo va sempre tutto bene: comunque vada, sarà un successo. E non deve essere disturbato.

Scorrendo il nastro ancora più avanti vedrete la grande menzogna del tema, la nutrizione del pianeta, schiantarsi verso un suolo arido di multinazionali e finte Carte di buoni propositi. La cosiddetta eredità morale di Expo. Una grande bugia che il sistema Expo è riuscito far passare come verità. E qualcuno pare ci abbia pure creduto. Ma il fermo immagine che resterà nella storia, l’unico motivo per cui Expo popolarmente sarà ricordata, è un altro: le code di visitatori. Numeri in linea con le ultime Expo europee, ma quelle foto riprese e rimandate giorno dopo giorno a reti unificate, hanno creato e decretato il successo di Expo. Quelle immagini, l’evento glamour, hanno trasformato il sistema Paese del Palais de Congrès a.d. 2008, in sistema Expo guidato da Matteo Renzi.

E’ il sistema che con l’uso dei poteri emergenziali porta dritto all’assalto al territorio del decreto Sblocca Italia, che commissaria i sindaci e attacca i poveri. Comprando il consenso come Expo ha insegnato: corruzione ideologica, sociale e politica. In questo sistema la politica ringrazia i magistrati per aver dimostrato “sensibilità istituzionale” non indagando durante il grande evento e i magistrati si intruppano giocando un ruolo politico.

Comprare il consenso, cooptare le possibili voci critiche con i classici 5 minuti di celebrità. A Milano ha funzionato.

Dicevamo tempo fa: oggi a Expo, domani nel resto del paese. Questo contributo vuole essere un punto d’appoggio per le lotte al sistema di Expo che sta allungando i suoi tentacoli dentro e soprattutto fuori Milano.

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