Cronache n. 04 | No future

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Sul sito di Rho Pero ad un presente incerto si sostituirà, da 1 novembre, un futuro incerto.

Dopo aver preso atto di aste più deserte dei parcheggi di Expo, un’equipe di specialisti pare stia lavorando per conto di due importanti università pubbliche milanesi su una soluzione per le aree su cui ora giace l’esposizione.
Molti sono stati i progetti presentati: lo stadio è stato il più brillante. Caldeggiato da Maroni, non se n’è ovviamente fatto nulla per via dei costi delle aree, a livello finanziario il peccato originale del progetto, che rendono l’area un oggetto repellente per gli investitori.
Ancora la Regione aveva addirittura proposto d’inserirla in un’eventuale candidatura ad un’improbabile Olimpiade, rendendo così il nordovest milanese un territorio di passaggio da un grand’evento ad un altro.

Come ormai chiunque si sia voluto interessare è a conoscenza, i terreni di Expo sono stati acquistati da privati (prima volta pare della storia delle esposizioni universali) da un privato (più privati per l’esattezza). I Cabassi, in seguito, si sono pubblicamente lamentati per aver speculato poco nella vendita, mentre Fiera Milano grazie all’operazione si è aggiustata i bilanci per diversi anni. Il padrino dell’operazione è stato Roberto Formigoni, su cui c’è stata in conclusione la convergenza di tutti gli altri attori istituzionali coinvolti. Oggi, ovviamente, qualsiasi operazione sui terreni che abbia voglia di camminare deve necessariamente, inizialmente, rilevare i terreni per una cifra considerevole.

“Un piano ambizioso – l’ha definito il presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni – e una sfida importante, perché chiediamo alle imprese interessate di fornire un progetto per tutta l’area, per un valore economico rilevante”. Il prezzo a basse di gara, quale corrispettivo minimo per l’acquisto dell’area, è pari a315,426 milioni di euro

Un piano a cui nessuno ha aderito. Sull’area di trasformazione (da verde a grigio) più grande di Milano per ora quindi non c’è futuro. I grandi investitori hanno ovviamente declinato l’invito, al più ripasseranno quando i costi saranno scesi.
Con buona pace quindi di uno sviluppo urbano nato dai bisogni del territorio ed a servizio delle esigenze locali, il destino di questa maledetta area Expo, sotto cui numerose carriere politiche sono sepolte, verrà deciso da altri fattori: o si trova un modo di svendere a lotti il terreno per garantire ad operazioni meno ambiziose (ma potenzialmente più lucrative, si capisce) di inserirsi, oppure le redini torneranno alle istituzioni che non potranno far altro che decidere fra l’abbandono o l’inserimento di qualche megaprogetto finanziato pubblicamente (poiché sull’utilizzo di fondi pubblici spesso non ci sono limiti, male che vada si alzano le tasse l’anno successivo oppure si tagliano servizi). In questa direzione va la suggestione recente del polo universitario. In questa direzione va pure l’impegno del governo, un impegno finanziario e politico. Al debito di Expo quindi si potrà sommare anche il debito del post Expo che porterà con sé un rischio di spirale speculativa su cui ora non è il caso di fantasticare (ma a tutti è evidente che si potrebbero liberare importanti metri cubi in centro).
Più verosimilmente sull’area ci verrà presentata una soluzione temporanea in attesa che un grande progetto (con fondi pubblici) farà da traino alla riconversione dell’area e renderà possibili operazioni di dimensioni più piccole a comporre il nuovo sprawl urbano del nord ovest di Milano.